Torino: in viaggio per scoprire il futuro della ristorazione attraverso le opinioni e le idee di chef e ristoratori (seconda parte)

Il viaggio per scoprire il futuro della ristorazione attraverso le opinioni e le idee di chef e ristoratori si sposta a Torino

Ne parliamo con Mauro Garbarino de Il Bistrot della bottega del gusto”, Massimo Miglietta de “L’oca fola” entrambi a Torino, Paola Manni de La Rosa Rossa a Moncalieri, ed inoltre abbiamo raccolto anche l’opinione di Gianni Peirolo della cioccolateria Ziccat di Torino. A loro abbiamo rivolto le fatidiche domande: come state vivendo questo momento? Hai attivato il servizio a domicilio?  come è cambiata la vostra vita? cosa pensate del futuro?

Il futuro assume colorazioni diverse in base alla tipologia del locale.

Le trattorie a conduzione semi-familiare e con superfici e numeri di coperti limitati, che tanta parte rivestono nella tradizionale ristorazione torinese, “le piole dove as magna piemunteis” vedono un futuro molto nero.  Se anche si ripartisse in tempi abbastanza brevi, applicando il distanziamento sociale, come potranno reggere con la riduzione degli attuali 30/35 coperti ad un massimo di 12/15?  Non saranno assolutamente in grado di reggere economicamente. E naturalmente non parlate loro di separatori in plexigas, un’ipotesi che non vogliono neppure prendere in considerazione.

Giudizi contrastanti sul servizio di asporto e a domicilio,

che richiedono una trasformazione del modello di ristorazione sia per gli aspetti di organizzazione sia per la parte economica. Diversa la situazione per quei locali che hanno a disposizione locali più ampi e una struttura di cucina più flessibile. Alcuni stanno anche affiancando attività commerciali abbinate come gastronomie o pastifici. Nessuno sta fermo con le mani in mano e con tutte le incertezze e le incognite del momento stanno comunque provando a riorganizzarsi per ripartire. Nostro compito, come associazione sarà quello di dare risalto al loro rinnovamento e, se possibile, dare anche un’attività di supporto.

Iniziamo il viaggio con il “bistrot della bottega del gusto”

il titolare Mauro Garbarino che ci racconta: vedo la situazione molto rocambolesca per le tante e diverse cose che dovremo fare in vista di una possibile riapertura, che oggi appare molto confusa. Comunque il termine giusto per definire il mio stato d’animo è “boia chi molla”Sicuramente dovremo cambiare tutte le tipologie di vendita e di servizio. Nella mia mente si affollano molte supposizioni diverse: una potrebbe essere quella di fare un passo indietro nel tempo, mi spiego, il ristorante potrebbe tornare a vendere la materia prima lavorata, ma non cucinata.

Ritornare a un servizio di pura gastronomia,

allegando ricette, modalità di preparazione e servizio del piatto richiesto. Abbinamento di etichetta del vino, logicamente il tutto consegnato al domicilio del richiedente. Oppure con ritiro presso la nostra sede. L’altra potrebbe essere sviluppare il servizio ti organizzo “la tua cena a casa tua”, logicamente con un servizio protetto per tutti, specialmente per l’operatore che andrà ad effettuare questa possibilità. Per il ritorno alla normalità, la data è ancora lontana. Questo motivo porterà sicuramente a modifiche, alcune non volute, delle strutture lavorative. Poter coprire i costi, con una riduzione di coperti sarà impossibile. La cosa più importante sarà quello di sensibilizzare e far capire alla clientela tutti i cambiamenti”.

 

 

Proseguiamo con i titolari della trattoria l’Oca Fòla,

il sommelier Miglietta Antonio Massimo e la cuoca Barberis Paola ci raccontano: “Oggi abbiamo la sensazione di vivere in un universo parallelo, tanto per citare un film, sembra di essere in “Matrix”, un mondo in cui nulla è come sembra. Stiamo in casa e “viviamo” quegli affetti che per troppo tempo, la nostra professione, ci ha negato. Mogli o mariti, compagni, figli, animali domestici, tutti sembra che vivano in un’altra dimensione in cui si sta tutti insieme, sempre, tutti i giorni.

Incredibilmente la domenica uguale a qualsiasi giorno della settimana.

Obbedendo alle direttive del Presidente del Consiglio, abbiamo comunicato ai nostri dipendenti le nuove disposizioni lavorative cioè il fermo dell’attività. Successivamente abbiamo atteso, che qualcuno facesse luce, in una nebbia di disposizioni emanate a raffica e restrizioni sempre più coercitive. Abbiamo richiesto per il nostro staff, gli ausili che il governo ha stabilito, dopodiché, io e la mia socia, ci siamo rimboccati le maniche attivando sui canali social e tramite il sito internet, il servizio di consegna a domicilio.

Lo slogan è “Potete contare su di noi”.

“Consegno – prosegue Massimo– personalmente il pranzo o la cena a casa o in ufficio per qualcuno che fa smart working, perché crediamo che sia importante che i nostri clienti, vecchi e nuovi, non dimentichino i nostri volti, e vedano che siamo esposti in prima persona, (senza contare e da non sottovalutare i costi delle piattaforme delivery). “Papà, ma dove vai? Non puoi andare a lavorare, c’è il corona virus.” Mi ha detto preoccupato mio figlio Lorenzo vedendomi uscire per andare a comprare i contenitori adatti al sevizio di asporto. La stretta di mano fra conoscenti, l’abbraccio con il familiare incontrato per strada, nulla di tutto ciò ci appartiene ora. Guanti e mascherine allontanano e ci allontanano, si fa fatica a riconoscersi. Sul marciapiede, nell’incrociarsi con altri passanti, si cambia lato o ci si ferma per lasciare il passo, laddove lo spazio stretto lo richieda.

Siamo cambiati certamente.

Il settore della ristorazione, ma più in generale il commercio e turismo, sembra che ai nostri politici non interessi. Per anni, anno dopo anno, ci hanno sempre più, non protetti. Regole sempre più severe, burocrazia in agguato, pronta a coglierci in fallo, imposte non proporzionate a guadagni sempre più risicati, e potrei andare avanti, ma mi fermo qua. Il futuro ci attende. La ristorazione dovrà cambiare strategia, più flessibilità negli orari lavorativi, specializzazione nell’offerta e nella mano d’opera da troppo tempo superficiale ed improvvisata. Tutto questo a fronte di uno stato che però deve dimostrare che l’indotto del turismo gli interessa, altrimenti saremo tanti Don Chisciotte, in una Mancia desolata contro i mulini a vento”.

 

Ci spostiamo ora fuori porta, a Moncalieri

e incontriamo Paola Manni della Rossa Rossa, che ci racconta: “Il momento è particolarmente difficile. Abbiamo deciso di fare il servizio a domicilio solo per Pasqua e poi abbiamo sospeso, perché preferivamo garantire la cassa integrazione ai nostri dipendenti. Ora il momento continua ad essere complicato. Le spese continuano a essere tante e le entrate si sono azzerate. Per questo abbiamo deciso di provare in questi giorni a offrire sia il servizio di asporto e sia a domicilio.

Diamo ai clienti la possibilità di scegliere

sia fra piatti alla carta, dove ci sono le nostre migliori specialità sia fra due menù degustazione una con carne (vitello tonnato, agnolotti e brasato) sia vegetariano. Per alcuni aspetti la nostra vita è migliorata: Stiamo insieme in famiglia, si mangia assieme, una cosa rarissima, per chi come me lavora a volte anche 15 ore al giorno. Ho più tempo per me, una cosa incredibile per noi ristoratori. Il futuro lo vedo molto nero. Se prima, lavorando molto, era possibile mettere da parte qualche risparmio, dopo questa grande crisi economica, lavoreremo solo lavorare per pagare le spese”.

Chiudiamo questa puntata del nostro viaggio con Gianni Peirolo,

 

titolare della cioccolateria Ziccat di Torino, che racconta:

“Stiamo vivendo il momento odierno con preoccupazione e un po’ di speranza. Preoccupazione perché le nostre vendite sono molto legate alla stagionalità. Pasqua rappresenta il 20%del fatturato, Natale il 40%. Non solo a giugno luglio e agosto il cioccolato non si vende per questo motivo la nostra ripresa sarà più lenta. Il nostro fatturato di Pasqua 2020 su Pasqua 2019 ha subito una diminuzione del 60%.  Il 40%, che abbiamo realizzato, è stato determinato dalle vendite online, che abbiamo subito attivato e che ci hanno dato un notevole conforto. Paradossalmente se la crisi coronavirus fosse scoppiata a giugno avremmo avuto le armi per resistere meglio.

Qualche segnale di speranza lo abbiamo

grazie al lavoro fatto in passato ed ai bilanci positivi ottenuti con la nuova gestione di Ziccat, da circa 5 anni. I dipendenti, i proprietari dei locali dai quali abbiamo preso in affitto il locale, la banca e alcune misure prese dal governo ci autorizzano a credere che “passata a nuttata “ potremo riprendere. I dipendenti ci sono stati vicini. Hanno collaborato al trasporto del nostro cioccolato venduto online. Ora sono in cassa integrazione ed il fatto che avessero tutti un contratto a tempo indeterminato ha aiutato.

A settembre contiamo con tutti loro di riprendere la produzione per il Natale.

Alcuni proprietari dei nostri tre negozi ci hanno concesso una riduzione temporanea della pigione. Le banche hanno sospeso i mutui e credo che a breve ci concederanno quel prestito garantito dallo stato a tasso quasi zero rimborsabile a sei anni, che dovrebbe aiutarci a ripartire. Detto tutto ciò non ci illudiamo. Saranno anni duri, dovremo cambiare, avere idee nuove. Per gli utili sappiamo che dovremo aspettare ancora. Chi vivrà vedrà, diceva qualcuno, e noi speriamo di vivere per vedere”.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento