In viaggio per scoprire il futuro della ristorazione attraverso le opinioni e le idee degli chef e ristoratori

Ne parliamo con Clelia e Ezio del ristorante Arte e Querce di Monchiero (CN) con lo chef Marco Saffirio del ristorante la Salita di Monforte (CN) e Maria Chiara e Alessandro Antonio del Santo Spirito di Molini di Triora (IM). A loro abbiamo rivolto le fatidiche domande: come state vivendo questo momento? Hai attivato il servizio a domicilio?  come è cambiata la vostra vita? cosa pensate del futuro?

Dopo la pubblicazione dei primi due documenti sul futuro della ristorazione a cura dell’Associazione dei ristoranti della Tavolozza si è aperto un interessante e vivace dibattito fra gli operatori del settore ed anche con il contributo di molti clienti. Non sappiamo ancora quando ci sarà la ripartenza del settore della ristorazione e soprattutto non sappiamo quanti e quali cambiamenti imporranno le nuove normative. Dai tavoli distanziati ai camerieri con guanti e mascherine, dal divieto di consumare al banco all’utilizzo dei sistemi di protezione individuale anche per i clienti, tutto oggi è confuso e incerto.

Partiamo dalla provincia di Cuneo

e precisamente dal ristorante Arte e Querce di Monchiero, dove incontriamola chef Clelia Vivalda e suo marito Ezio, esperto ricercatore di tartufi.

Il momento è di estrema difficoltà. Durante la chiusura forzata del nostro locale e non potendo svolgere attività di servizio a domicilio, mio marito ed io passiamo gran parte del tempo nel giardino e nell’orto.   Per fortuna la nostra casa si trova in periferia quasi in aperta campagna. Il giardino ospita numerosi fiori che iniziano ora a sbocciare con enorme piacere e soddisfazione da parte mia che sono una appassionata di “cucina con i fiori “.

Per quanto riguarda l’orto,

grazie alla collaborazione sapiente di Ezio, mio marito, ho seminato e trapiantato diverse verdure. Il tempo favorevole promette un raccolto pieno di soddisfazioni con al momento una rigogliosa produzione di insalata e fragole. Nell’attesa, curiamo l’orto, liberando le piantine dall’erba. Naturalmente non ho smesso di cucinare e spesso mi diverto a provare nuove ricette nell’attesa di riprendere il nostro solito lavoro. E mentre io mi dedico alla cucina, Ezio si occupa della pulizia del bosco che si trova a pochi metri da casa, in modo da averlo pronto per la prossima stagione tartufigena. Insieme poi ci occupiamo dei nostri amati cani da tartufo i quali sono senza dubbio i più contenti di questa situazione avendoci a disposizione ogni giorno.

La nostra vita è cambiata notevolmente.

Ci manca molto il contatto con le persone e la libertà di uscire. Ma cerchiamo di compensare questo disagio con tutte queste attività e con la speranza che tutto torni alla normalità prima possibile. Per il futuro immaginiamo una crescita di servizi a domicilio almeno per qualche mese, la ristorazione in un primo tempo avrà una partenza a rallentatore ma con le dovute precauzioni e certamente con qualche problematica, si potrà tornare a lavorare in modo accettabile. Per tornare a lavorare ai tempi di prima del Covit ci vorrà ancora tempo. Intanto pensiamo a programmarci bene per l’autunno quando arriverà la tanto attesa stagione del tartufo.

 

Proseguiamo il viaggio raggiungendo sempre in provincia di Cuneo,

La Salita di Monforte dove incontriamo lo chef Marco Saffirio

 

Dopo un primo momento di smarrimento totale abbiamo deciso che non potevamo stare fermi ad aspettare che qualcosa succedesse. Per cui abbiamo iniziato a pensare cosa potevamo fare noi in questa situazione? Potevamo “stare seduti” a lamentarci e vedere sempre più il baratro o attivarci almeno mentalmente per vedere cosa fare e come farlo. Abbiamo scelto la seconda via. Anche grazie al consiglio di tanti colleghi di tutta Italia su gruppi Facebook e relazioni dirette, abbiamo subito attivato una campagna solidale per “dare anche noi una mano”.

Abbiamo creato “IL TONNATO DELLA SOLIDARIETA”,

acquistando oggi il nostro vitello tonnato, i soldi, al netto dell’Iva, verranno devoluti alla Fondazione Nuovo Ospedale Alba-Bra e le persone potranno venire a gustare il loro piatto da quando potremmo riaprire. Dal 1° aprile abbiamo poi attivato il servizio di consegne a domicilio. Sicuramente, a livello di incassi, non è paragonabile agli anni passati, considerando anche che noi lavoriamo tantissimo con il turismo estero.

Ma è un modo per dire che NOI CI SIAMO.

Diamo un servizio per essere vicino ai nostri clienti affezionati, ma abbiamo anche nuove persone, che ci hanno conosciuti proprio grazie a questo nuovo servizio. Beh, direi che la nostra vita è cambiata radicalmente. Sicuramente, se vogliamo vedere un aspetto positivo possiamo dire che abbiamo più tempo da dedicare a nostra figlia. A livello professionale c’è molta incertezza. Bisogna vivere alla giornata, prendere quello che c’è ma sempre lavorando per migliorare e trovare nuove soluzioni. Il lavoro è più organizzativo che pratico. Stiamo lavorando molto sul marketing, sulla comunicazione con i nostri clienti, per mantenere il contatto con loro e ricordar loro che li aspettiamo appena sarà possibile.

Il futuro è sicuramente incerto.

Se pensiamo a lungo termine siamo sicuri che torneremo a lavorare bene e molto, ma nel breve periodo non sappiamo cosa pensare. Non abbiamo ancora indicazioni precise su quando si aprirà e come, quante persone potremmo accogliere. È per questo che oggi dobbiamo lavorare per trovare nuove strategie e modalità di fare ristorazione. Questo non significa stravolgere la nostra identità, la qualità deve rimanere sempre la stessa, se non migliorare.

Cerchiamo di trovare nuove strategie per vendere i nostri piatti.

Non possiamo agire più di tanto sulla situazione attuale, ma possiamo adattarci per sopravvivere ed essere pronti a ripartire. Darwin diceva che non sopravvive il più forte, ma chi ha la capacità di adattarsi all’ambiente. Questo è quello che cerchiamo di fare noi con tutte le incertezze e le paure del caso. Si va per piccoli tentativi, provando, cambiando e migliorando cercando di stare a galla.

 

Terminiamo questa tappa del nostro viaggio in provincia di Imperia,

nella splendida valle Argentina Santo Spirito, dove incontriamo Maria Chiara e Alessandro Antonio

Stiamo cercando di vivere il presente consapevoli delle sue contraddizioni e evitando per quanto  possibile di guardare trasmissioni televisive becere, ridondanti o propagandistiche. E questo, già ci rende abbastanza liberi. Il privilegio di vivere in uno spicchio di Terra tanto “adatto alla vita”, che permette di vivere come esseri umani, sostenibili e senzienti, ha reso meno amara la nostra inquietudine. La Valle Argentina è un luogo meraviglioso, per poter vivere la condizione di isolamento.

Noi abbiamo potuto tenere i piedi per terra,

anzi sull’erba, per essere sinceri, ogni giorno! Non abbiamo attivato alcun servizio a domicilio, almeno non ancora fino ad oggi nella nostra realtà, che conta poco più di un centinaio di abitanti. Abbiamo trascorso la Pasqua, il 25 Aprile e il Primo Maggio anziché attorno ai tavoli del ristorante, incredibilmente in giardino, ad occuparci di permacultura. Stiamo lavorando alla conversione dell’azienda agricola di famiglia, dopo la morte di “Nonno Augusto”, per trasformarla in azienda biologica mirata alla produzione di ortaggi e frutti di qualità estrema. Il tutto senza ausilio di macchine agricole, motori a scoppio, e/o fitofarmaci ed altri prodotti chimici.

La nostra vita era già cambiata prima,

quando guardandoci in faccia avevamo capito come fosse giunto il momento di cambiare visione, se volevamo sopravvivere ad un sistema folle e tritatutto. Il mondo in cui viviamo è in continua involuzione, accartocciato su se stesso, vittima di concezioni neo liberiste che hanno trasformato “l’uomo” in consumatore ignaro e compulsivo. Ci attendono tempi durissimi, che sarebbero sopraggiunti comunque, pure senza il corredo del Covid-19 di turno.  Intelligenza artificiale, tecnological disruption, ideologia del profitto, causeranno nei prossimi anni la perdita di oltre un miliardo di posti di lavoro.

Penso che questo virus dovrebbe farci riflettere su diverse cose,

che vadano ben oltre questa patetica “ripartenza”, con i dubbi e le incertezze che inevitabilmente si porterà appresso. Penso che la nostra storia ultracentenaria di ristoratori e albergatori ma, soprattutto, di profondi conoscitori del territorio, in qualche modo ci darà vantaggio. Potremo scegliere di cambiare finalmente paradigma; di muoverci in nuovi ambiti di ricerca, più consoni alla vita e alla libertà di viverla. Potremo iniziare col condividere quel che possediamo e che molto spesso rimane inutilizzato.

Cominciare a dar più valore all’utilizzo che non al possesso.

Potremo dedicarci a progetti e a processi culturali, che salvino questa Valle dalla desertificazione cui è condannata. Penso alla grande opportunità che ci viene fornita da questo virus implacabile, consapevoli che il prossimo sarà peggiore e altrettanto “inatteso”. Valutare una sorta di possibile ritorno alle origini rurali che tanto ci appartengono, senza necessariamente opporsi ad un sistema senza speranze ma, solamente discostandosene un poco. Penso alla necessità di  amministrazioni che abbiano una visione trentennale, magari colte e ancor più passionali, in luogo del nulla che ci è stato propinato per decenni.

 

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